Il rapporto del Censis sulla "sicurezza e l'allarme sociale" reso pubblico oggi conferma una volta di più che nel nostro Paese l’allarme sicurezza più che reale è indotto dalla martellante campagna mediatica che anticipa le azioni del governo, ovvero a forza di dipingere allarme sociale ovunque per giustificare la militarizzazione delle nostre città con l’esercito, ci siamo convinti che viviamo assediati dalla criminalità e che abbiamo bisogno di vivere in libertà vigilata.
In realtà Censis ci dice che "si muore di più durante le attività ordinarie che non a causa della criminalità o di episodi violenti" ed i luoghi di lavoro, i cantieri edili in particolare, sono una delle attività ordinarie in cui il rischio di incidente ( spesso mortale o invalidante in modo permanente) è tra i più alti. Nonostante questo e nonostante i numeri ci mettano ai primi posti della lista nera tra i paesi europei, il governo attuale non mostra verso salute e sicurezza sui luoghi di lavoro la stessa attenzione che ha verso altri argomenti forse con un più alto impatto mediatico e con un più alto ritorno in termini di consenso politico ( e volendo elettorale), anzi sta facendo di tutto perché il lavoro diventi sempre di più una giungla dove a vincere non è il diritto sancito dalla norma ma la legge del più forte, per cui le persone sono sempre più simili a limoni spremuti senza diritti e solo con doveri e dove tutto viene "monetizzato", anche la dignità della persona.
Dal 15 maggio scorso, infatti, il Testo Unico su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è legge, con contenuti importanti ed innovativi a vantaggio della tutela dei lavoratori e contro le imprese inadempienti, ma il governo Berlusconi per mano del ministro Sacconi sta facendo di tutto perché resti lettera morta evitando così che diventi quello strumento operativo ed efficace per cui è stato pensato. Siamo in Democrazia ma nel mondo del lavoro (con questo governo) rischiamo di ritornare nel medioevo prossimo venturo, dove a farla da padrone sono i mercanti di braccia.
Mi permetto di ricordare che lo stesso onorevole Gianfranco Fini, già nelle vesti di presidente della camera, lo scorso 11 giugno, all’indomani della strage di Mineo, rilasciò queste dichiarazione (che ho conservato a futura memoria) : "quella delle morti sul lavoro è ormai una emergenza sociale assoluta".
Da allora nei luoghi di lavoro si è continuato a morire con una media di 4 persone al giorno, nulla quindi è cambiato dopo quel bel moto di indignazione che puzza tanto di ipocrisia ed opportunismo; chiedo quindi al presidente della camera in quale cassetto siano finite quelle belle parole, perché "morire sul lavoro" non può continuare ad essere considerata una "emergenza" secondo convenienza.
Claudio Gandolfi
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