Il 6 dicembre 2007 il GR2 delle 8,30 aprì con questa notizia:” Torino incendio nella notte in acciaieria, 1 morto e 8 feriti”. All’inizio sembrava un “normale” incidente come tanti altri, quegli altri mille che tutti gli anni lasciano soli nel dolore i familiari delle vittime e che a fatica trovano un posto nelle pagine di cronaca nera, poi l’episodio assunse progressivamente i toni di una tragedia collettiva ed i morti diventarono in un drammatico stillicidio mediatico 2, poi 3, poi 4, poi ancora e sono 5, poi 6, infine l’ultimo a chiudere la lista di 7 persone innocenti partite da casa con le proprie gambe per andare al lavoro e tornate all’affetto ed al dolore dei propri familiari ed amici dentro ad una bara.
Così un anno fa il Paese scoprì drammaticamente la mattanza quotidiana che avviene nei nostri luoghi di lavoro e per alcune settimane tutti sperammo che si stesse definitivamente rompendo il muro di indifferenza, silenzio e “omertà” che chiude da tempo in un recinto da “riserva indiana” i temi del lavoro, della salute e della sicurezza; così purtroppo non è stato e dopo il funerale dell’ultima vittima della strage di Torino i riflettori si sono di nuovo spenti per riaccendersi ad intermittenza senza che nulla sia cambiato nella sostanza. Nel nostro Paese ogni giorno 4 persone continuano a morire di lavoro e questo sembra essere diventato “normale”, un costo da preventivare, un obolo da pagare allo sviluppo economico, lacrime e sangue in cambio di salario.
Quella di oggi 6 dicembre potrebbe diventare una data simbolica, “LA GIORNATA DELLA MEMORIA DEI MORTI DI LAVORO” , il momento dell’anno da cui partire per "costringere" il Paese, le nostre coscienze addormentate ad occuparsi di salute, sicurezza e dignità delle persone sul lavoro SEMPRE, TUTTI I GIORNI e non solo quando c'è la grande tragedia, il botto dove in un colpo solo si fa filotto di persone.C'è molta ipocrisia in giro, sentimento diffuso e trasversale ai soggetti che a vario titolo hanno responsabilità sulla materia e che insieme all'indifferenza ed al senso di abitudine (quasi di rassegnazione) alla morte, sono le cose più pericolose contro cui combattere.Dobbiamo unire le forze per non disperdere energie in un Paese da un lato distratto dalle “veline” e dall’altro soffocato da una grave ed incombente crisi economica, motivo questo che potrebbe indurci a diventare indulgenti verso un meccanismo deleterio e pericoloso che vede progressivamente abbassarsi l'asticella dei diritti; il bisogno di lavoro è forte ed il rischio per molti di perderlo potrebbe portarci ad accettare condizioni "incivili" pur di lavorare e sopravvivere.Dobbiamo evitare questo perchè nulla è per sempre ed il diritto alla vita sul lavoro ce lo dobbiamo riconquistare ogni giorno, ogni volta che usciamo di casa per andare al lavoro.Impegniamoci tutti per ridare DIGNITA’ alla parola LAVORO e perché la nostra diventi FINALMENTE anche nei fatti “UNA REPUBBLICA FONDATA SUL LAVORO”.
Claudio Gandolfi
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